martedì 21 settembre 2010

Semplicemente...Oporto...

18-19-20 settembre 2010

Scrivo questo post con un forte senso di nostalgia dei giorni trascorsi a Oporto in dolce compagnia di Gabriele. Voglio scrivere per non perdere questa sensazione. Porto è una città magica: i colori delle azulejos (piastrelle), le case fragili come se fossero di carta, che trasmettono la pesantezza dei loro anni, le persone calme, cordiali e semplici..."obrigado" è il loro motto, ma forse troppo povere e poco "precise" per valorizzare la bellezza della loro città,...le luci sul fiume Douro la notte. Passeggiando per Porto, la si scopre passo dopo passo, sempre con più meraviglia. Dalle eleganti vie della zona del Municipio e del commercio, alle strette viuzze e scalinate verso la Ribeira sporche e fatiscenti. La città si svuota durante il sabato e la domenica, per ripopolarsi il lunedì mattina grazie alle università, ai centri commerciali e ai luoghi di lavoro. Ciò che sembrava abbandonato riprende stranamente vita, come se non avesse mai interrotto la sua routine. I ristornati, i negozi, perfino gli appartamenti nelle palazzine al centro città, che sembravano essersi sottomessi alla crisi, che attanaglia il Portogallo e tutta l'Europa, ritornano a nuova vita! La città è viva, piena di giovani in movimento costante.
La Ribeira con i suoi vicoli stretti, sporchi e vecchi, ma nello stesso tempo fortemente affascinanti, si discosta dai simboli della modernizzazione della città: la metropolitana, piccola ma altamente tecnologica e organizzata; le nuove strutture come la Casa della Musica, lo Stadio Dragao, la facoltà di Architettura...
Il vecchio ed il nuovo, il lusso e la povertà, la pulizia e la sporcizia scorrono accanto in questa città, con semplicità senza cozzare, forse perchè questo fa parte della cultura portoghese...non so, ma di certo è ciò che la rende ancora più affascinate.

mercoledì 15 settembre 2010

Jonathan Coe

Il mio primo post e parlo di Lui...Jonathan Coe, che ho scoperto per caso, in libreria, cercando una buona lettura per i miei lunghi viaggi in treno. Ho visto questo libro, colorato (si sa...anzi lo sanno, mi riferisco alle case editrici ed al marketing) e con un titolo che comunica cambiamento, come un passaggio formativo: "questa notte mi ha aperto gli occhi". Da subito non mi è risultato il solito libro banale sul giovane di turno, frustrato, che non riesce a sfondare nel mondo della musica, ma è la musica stessa a scandire tutto il libro, è ciò che lo porterà a capire quale sia il suo posto nel mondo (volendo citare Fabio Volo...). Un libro travolgente, ma anche malinconico, che in poche pagine, mi ha aperto un mondo nuovo: Jonathan Coe.
In estate, in occasione della presentazione del suo nuovo libro (I terribili segreti di Maxwell Sim) ho avuto il piacere (e l'onore...concedetemelo) di ascoltarlo raccontare dei segreti particolari della sua scrittura, del suo diventare scrittore e dei banali aneddoti legati ai parti delle sue storie. Uno tra tutti legato al tema del rapporto tra uomo e progresso scientifico, tra essere umano e tecnologia: andando in vacanza con la moglie in Irlanda e avendo appena acquistato la sua nuova auto (giapponese), si è imbattuto in un marchingegno geniale, quale il Navigatore Satellitare. Arrivato al porto, lo intravedeva, non aveva più bisogno di ascoltare attentamente le indicazioni di quello strano nuovo oggetto tecnologico, la moglie continuava a parlargli e a distrarlo, non dalla strada, ma dalla voce del navigatore..."Shut up" le grida. Lì capì che qualche ingranaggio del suo meccanismo moglie-tecnologia non andava. Che rapporto abbiamo noi, oggi, con la tecnologia? La utilizziamo perchè ne abbiamo veramente bisogno o perchè non riusciamo a farne a meno? E davvero non possiamo farne a meno?
Coe ha continuato a parlare di se e del suo essere bambino, diverso, dotato di una propensione alla scrittura, piuttosto che al gioco di gruppo per le strade di Birmingham. La sua è stata una vocazione, una scoperta che è maturata in tutta la sua vita, ma comunque costante fin dalla fanciullezza. Ecco, nel suo essere bambino, concedetemelo...asociale, che preferisce inventare storie da condividere con un foglio, piuttosto che giocare con i suoi coetanei, rivedo il protagonista de "La banda dei Brocchi", Benjamin Trotter. Un bambino, prima, ed un giovane, dopo, che vorrebbe reinventare la musica attraverso la letteratura, dando vita alla più grande opera di tutti i tempi.

Leggetelo, amatelo come lo amo io, sarà un avventura!